Indennizzo da durata irragionevole del processo. Non è di ostacolo la mancata istanza di accelerazione del giudizio

Quando si domanda  l’indennizzo per la durata irragionevole di un processo, occorre fare i conti con i c.d. rimedi preventivi i quali, ove non esperiti, precludono l’indennizzo stesso. ( ex art. 1 ter L. n. 89 del 2001, come modificata  nel 2012 e nel 2015).

Tra questi rimedi spicca, nei giudizio penale, l’ istanza di accelerazione del giudizio, da depositare almeno 6 mesi prima che la durata del processo sia diventata irragionevole ( ovvero 3 anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il terzo grado di giudizio).

Ebbene la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 169 del 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui subordina l’indennizzo alla preventiva istanza di accelerazione del processo, per violazione dell’art. 117 Cost ( norma che permette alla CEDU di penetrare nel nostro ordinamento).

In effetti per la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ( che offre sempre, per fortuna, un significato sostanziale alle disposizioni Convenzione europea) i rimedi preventivi devono avere efficacia effettiva sulla durata del processo. A ben vedere l’istanza di accelerazione, come anche l’istanza di prelievo nel giudizio amministrativo( sent. n.34 del 2019), hanno solo efficacia dichiarativa di un interesse alla conclusione del processo, ma non garantiscono certo che esso finisca in termini ragionevoli. Al massimo il mancato deposito dell’istanza di accelerazione può diminuire il quantum,   ma non può escludere l’indennizzo in sé, non può provocare il rigetto del ricorso presentato innanzi alla Corte d ‘Appello.

La conclusione testé citata, è stata confermata da una recente sentenza della Corte di Cassazione ( sent. n. 5535 del 28 febbraio 2020)

Leggi o scarica la sentenza  in PDF cliccando il link ⇓⇓

Cass., sent. n. 5535 del 2 febbraio 2020

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