Tabelle millesimali: per la modifica serve la maggioranza qualificata o l’unanimità dei condomini?

Cassazione civile, Sezione II, ordinanza n. 13024 del 26 aprile 2022

Un condominio otteneva decreto ingiuntivo per il mancato pagamento di oneri condominiali.

Alcuni condomini si opponevano al decreto ingiuntivo, ottenendone revoca, in quanto le spese sarebbero state fondate su tabelle millesimali inesistenti, perché non approvate all’unanimità dall’assemblea dei condomini, come prescritto dalla legge.

La sentenza veniva impugnata in Corte di Appello, la quale ultima riformava la sentenza e per l’effetto confermava il decreto ingiuntivo chiesto originariamente dal Condominio. La ragione sarebbe la natura non contrattuale delle tabelle ( in quanto non allegate al rogito e non predisposte dal costruttore), con la conseguente possibilità della modifica con la maggioranza qualificata ex. art. 1136 c.c. ( maggioranza degli intervenuti rappresentanti oltre la metà del valore complessivo), senza necessità dell’unanimità. Inoltre, anche se le tabelle avessero avuto natura contrattuale, recentemente la Cassazione ( sent. 2010 n. 18477) ha escluso la nullità delle tabelle se manca il consenso unanime dei condomini

I condomini allora ricorrono in Cassazione, la quale, nonostante il ricorso sia inammissibile, conferma quanto sostenuto dalla Corte di Appello. Nel dettaglio ciò che conta per comprendere il quorum necessario per la modifica, è la conferma o la deroga dei criteri di ripartizione delle spese previsti dall’art. 1123 c.c. Se le tabelle sono meramente ricognitive dei criteri stabiliti dalla legge, per approvarle e per modificarle basta la maggioranza suddetta. Di converso se le tabelle derogano ai criteri legali di ripartizione , occorre l’unanimità, in quanto assumono natura contrattuale ( rappresentano, cioè, la “diversa convenzione” rispetto a quanto previsto dall’art. 1123 c.c.).

Scarica la Sentenza qui sotto

Impugnazione delibere condominiali: Tribunale o Giudice di Pace?

Cassazione Civile, Sez. VI, Ord. n. 15434 del 2020

  • Illegittimo addebito di alcune spese a un condòmino.

Partiamo dal caso in cui un condòmino, leso dalla ripartizione di alcune spese preventivate e approvate che ritiene non competergli ( es. consumi del riscaldamento centralizzato, quando si è dotato di impianto autonomo), decide di impugnare la delibera per ottenerne l’invalidità. Se la quantificazione economica della spesa non supera i 5.000 euro, la competenza è del Giudice di pace, ai sensi dell’art. 7, comma 1, c.p.c., (competenza per valore). Di converso, se la quantificazione economica supera la soglia suddetta, la competenza è del Tribunale, sempre per valore.

Giova chiedersi se, a tal fine ,occorra far riferimento all’importo complessivo delle spese (nell’esempio fatto il totale per tutti i condomini dei consumi del riscaldamento centralizzato), oppure all’obbligazione pecuniaria del singolo condòmino che agisce in giudizio (ovvero la quota di riscaldamento di sua spettanza e contestata).

In favore della prima soluzione si potrebbe argomentare che, in presenza di annullamento della delibera che addossa al condomino alcune spese indebitamente, la conseguenza inevitabile è l’aumento delle spese nei confronti degli altri. Ergo, per determinare la competenza andrebbe valutato l’importo complessivo delle spese (in tale eventualità è più probabile che si superi la soglia dei 5.000 euro, con competenza a giudicare del Tribunale). A sostegno della seconda opzione si potrebbe affermare che per decidere se sussista, o meno, la competenza, occorre aver riguardo al thema decidendum e non al quid disputandum, pertanto il criterio per determinare il valore della controversia, è il quantum della spesa personale contestata dal condòmino che impugna la delibera (in tal maniera, è più facile che non si superi la soglia di competenza del Giudice di pace). La Cassazione nell’ordinanza in esame, abbaccia la seconda conclusione esposta.

  • Invalidità dell’intero deliberato.

Diversa è la soluzione qualora il condòmino lamenti solo vizi formali della delibera ( es. mancata indicazione dei condomini dissenzienti e di quelli favorevoli, nonché l’indicazione delle relative quote millesimali). Premessa la sussistenza dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (è sufficiente che il condòmino voglia la rimozione della delibera per vizi anche solo formali, senza contestare le spese, non essendo necessaria l’incidenza sul suo patrimonio della stessa), appare chiaro che qui la competenza è del Tribunale, in quanto la domanda, non accompagnata dalla richiesta di una somma di denaro, ha valore indeterminabile ( art. 10 c.p.c.).

  • Invalidità dell’intero deliberato e contestuale contestazione dell’addebito di spese

Se il condòmino contesta la delibera sia per vizi formali, sia in relazione ad alcune spese ( stesso petitum, ma diverse causae petendi), la competenza residuale del Tribunale per la domanda sui vizi si estende anche alla domanda contenente l’autonoma doglianza relativa alle spese illegittimamente addebitate, anche se quest’ultima è di valore determinabile e potrebbe rientrare nella competenza del Giudice di pace, se sotto i 5.000 euro (tenendo conto, come testé citato, della singola obbligazione del condòmino agente e non del totale della spesa).