Cassazione, ordinanza n. 19758 del 20 giugno 2022
Con la pronuncia in esame si analizza la questione se sia sufficiente, o meno, il Decreto di Esproprio di un bene da parte della pubblica amministrazione(finalizzato a realizzare, in una determinata aerea, un’opera pubblica) al fine di far perdere l’animus possidendi in capo all’occupante, con conseguente degradazione della sua posizione da possesso a detenzione.
Secondo un primo orientamento è sufficiente la notificazione ( o comunque l’avvenuta conoscenza) del provvedimento di esproprio del bene per far perdere all’occupante il possesso dello stesso. La conclusione vale sia nel caso che l’amministrazione abbia compiuto attività materiale, sia nell’eventualità che essa sia rimasta inerte ( con il bene, dunque, nella disponibilità materiale dell’occupante) almeno per il tempo necessario alla realizzazione dell’opera pubblica oggetto del procedimento espropriativo. Ne consegue che sarà necessario un atto di interversione del possesso dell’espropriato per “rigenerare” la sua detenzione in nuovo possesso il quale, se protratto per 20 anni, permetterà l’acquisto originario della proprietà per usucapione.
In virtù di una secondo indirizzo giurisprudenziale, di converso, non è sufficiente il decreto di esproprio e la sua notificazione , in quanto il provvedimento ablativo non determina di per sé la perdita dell‘animus possidendi in capo al soggetto espropriato, qualora non segua al decreto l’ attività materiale dell’amministrazione ( cioè l’attuazione dell’intervento di pubblica utilità a cui il procedimento è finalizzato).
Ciò vuol dire che il soggetto espropriato non perde il possesso del bene in presenza del mero decreto di esproprio, con la conseguenza che se egli rimane nel possesso ventennale del bene potrà riacquisire la proprietà, senza necessità di atti di interversione. E’ invece l’amministrazione, nuova proprietaria del bene, che dovrà compiere un atto concreto tale da sterilizzare l’animus possidendi dell’occupante, non potendo beneficiare della propria inerzia.
D’altronde l’art. 52 della legge fondamentale sull’espropriazione per pubblica utilità ( n. 2359 del 1865) applicabile ratione temporis alla fattispecie, prevedeva, relativamente agli effetti dell’espropriazione sui terzi, azioni reali ( es. rivendica) ma non tutela possessoria ( evidentemente confermando che il procedimento espropriativo, che culmina con il decreto di esproprio, non incide sul possesso).
Con l’ordinanza suddetta, la Seconda Sezione civile ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, la questione descritta visto il contrasto interpretativo sussistente.