Con il venir meno dei controlli alle frontiere all’interno dello “spazio Schengen” (dove vige la libera circolazione di persone, merci e servizi) si è avvertita la necessità di adottare, a compensazione, misure per garantire comunque un elevato livello di sicurezza.
Da qui la nascita del c.d. SIS, ovvero del Sistema di informazione Schengen.
Si tratta di un sistema d’informazione che consente alle autorità nazionali,
giudiziarie e amministrative, di eseguire controlli specifici condividendo dati pertinenti in una database.
Gli Stati aderenti a tale sistema di interscambio informativo sono 30. Non hanno aderito Cipro e Irlanda.
Le informazioni inserite nel SIS riguardano sia le persone, ad esempio soggetti condannati per reati punibili con la reclusione di almeno un anno ) ma anche persone di Stati terzi a cui è stato rifiutato l’ingresso o il soggiorno, sia le cose (veicoli, documenti di viaggio, carte di credito, a fini di sequestro o di prova in un procedimento penale).
Quando le informazioni riguardano le persone, i dati inseriti nella segnalazione fatta da uno Stato membro, oltre alle generalità e ai motivi della segnalazione, possono tradursi anche in segni fisici particolari , in fotografie e nelle impronte digitali ( questi ultimi due se il soggetto è armato e pericoloso). Ragion per cui si pone un problema di equilibrio con il rispetto della riservatezza, con la conseguente necessità di una certa sicurezza in relazione alla gestione delle banche dati. In effetti soltanto alcuni soggetti sono autorizzati ad estrapolare le informazioni SIS, tra cui le forze di polizia, il Ministero dell’Interno, etc..
Può succedere che un soggetto voglia sapere se il suo nome sia inserito nel Sistema informativo Schengen, oppure, pur sapendolo, intende chiedere la cancellazione, essendo oramai venuti meno i presupposti dell’annotazione. In tali eventualità sussiste il diritto di accesso alla banca dati ( per conoscenza, rettifica, integrazione o cancellazione)
In Italia è ora fattibile l’accesso diretto( dal 1 gennaio 2004) e non solo per il tramite del Garante della Privacy ( c.d accesso indiretto), rivolgendosi al Ministero dell’interno-Dipartimento della pubblica sicurezza.
Nel caso in cui alla richiesta non sia fornita una risposta soddisfacente, l’interessato può proporre reclamo al Garante per la protezione dei dati personali.
Una volta fatto l’accesso e conosciuta l’autorità che ha provveduto alla Segnalazione, qualora essa sia considerata illegittima dal segnalato, quest’ultimo può adire l’Autorità in questione e chiedere la cancellazione/rettifica dal database