Recentemente la Cassazione con sentenza n. 17557 del 2014, confermata dal Tribunale di Roma nel 2017, ha statuito alcuni importanti principi in materia di ripartizione delle spese condominiali.
In base all’art. 1123 c.c., le spese per le cose comuni sono ripartite tra i condomini in base ai millesimi di proprietà.
Se invece si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in porporzione dell’uso( si tratta dell’uso potenziale, non effettivo).
Riguardo il servizio idrico, non vi è dubbio che l’acqua destinata all’utilizzo comune ( per annaffiare il giardino o per il bagno in comune) si ripartisce in base ai millesimi di proprietà. Ma se anche l’acqua delle singole unità abitative è condominiale?
Per la giurisprudenza recentissima testè menzionata, l’unico criterio è sempre quello dei millesimi di proprietà ( con la conseguenza che la ripartizione cambia a seconda della quota di partecipazione di ogni condomino).
Infatti le deroghe all’art. 1123 c.c. possono esserci solo se conducono a un risultato più equo, cioè in base all’effettivo consumo, calcolabile grazie all’installazione( a cui è favorevole il legislatore) dei c.d contatori di sottrazione, che misurano il consumo effettivo. Salvi i casi di diversa previsione del regolamento condominiale o di approvazione all’unanimità dell’assemblea.
In assenza dei contatori individuali, è nulla per intrinseca irragionevolezza la delibera assembleare ( adottata solo a maggioranza), che prevede, quale criterio di ripartizione delle spese per l’acqua, quello del numero degli occupanti le unità abitative.
Tale criterio permette la ripartizione in maniera uguale delle spese, salva la dimostrazione del singolo condomino che la casa non era occupata in un determinato periodo.
Si tratta però di un criterio presuntivo forfettario che si basa sull’uso solo potenziale dell’acqua ( perciò non più ” giusto” di altri) e che è fonte di controversie e di necessari accertamenti da parte dell’amministratore ( se è vero, o meno, che il condomino non occupa l’abitazione).
Si tratta di nullità perchè è una delibera che non si limita a disattendere il criterio legale di ripartizione delle spese condominiali, ma lo modifica.Perciò non deve ternersi conto del termine di decadenza di 30 g. per impugnarla di cui all’art. 1137 c.c., che riguarda solo le ipotesi di annullabilità. Se nulla, non vi è alcun termine di decadenza o di prescrizione.